20 novembre 2010

Mushishi (Star Comics)

Y. Urushibara, Mushishi, Star Comics, 10 volumi (conclusa), pp. 224, 6 euro

Certe volte le cose cambiano, e non ti rendi conto di come e quando sia successo. Quando, tempo fa, iniziai a leggere manga, la Star Comics era il principale punto di riferimento, la casa editrice dei grandi autori e delle pietre miliari. Quella che pubblicava Katsura, Toriyama, Takahashi, che esplorava nuove strade, proponeva nuovi generi, faceva esperimenti con “Storie di Kappa” o “Young”. Allora i manga erano ancora roba da “adolescenti maschi”. L’idea di pubblicare uno shojo o un seinen in Italia faceva tremare i polsi agli editori. Si poteva rischiare con shonen atipici e romantici come Video Girl Ai, ma erano eccezioni. Ricordo bene gli appelli di Barbara Rossi dei Kappa Boys, che pregava i lettori di Ranma ½ di inviare cartoline in cui dichiaravano di essere disposti ad acquistare shojo, nel caso fossero stati pubblicati (cartoline, sì… è passato più tempo di quanto mi piaccia ricordare).
Oggi il mercato è molto più vario, le proposte si sono moltiplicate, i Kappa Boys hanno una loro casa editrice, gli shojo sono ovunque, la principessa Takahashi ha sprecato anni sull’interminabile e per niente epocale Inuyasha ma almeno la Planet Manga, bontà sua, pubblica Miyazaki e Otomo. E la qualità generale dei manga che arrivano in Italia sembra essere precipitata.
Per fortuna c’è sempre un’eccezione alle regole. E così un giorno scopri che la Star Comics ha pubblicato qualcosa che, ai vecchi tempi, non si sarebbe mai potuta proporre al pubblico italiano.


Mushishi, di Yuki Urushibara, si distingue dalla massa di manga che riempiono le fumetterie fin dall’aspetto esteriore, con la sua copertina in cartoncino con risvolti. Niente di patinato, qui: carta grossolana su cui l’immagine di copertina sembra dipinta ad acquarello. L’atmosfera è già sognante, e viene riproposta in tutte le tavole a colori che aprono ogni capitolo della storia. Il  disegno è molto particolare, immediatamente riconoscibile. Non si può dire sia sporco, è più che altro “ruvido”. Non c’è nulla di idealizzato, perlomeno nelle figure umane. La natura che le circonda, invece, è spesso grandiosa: monti ricoperti da foreste, grandi fiumi, l’infinita distesa del mare. È un Giappone primitivo, quello raffigurato, che non ha mai abbandonato la vita dei campi e non ha mai cercato di modificare il suo territorio con l’opera umana. Forse anche a causa dei mushi, esseri primordiali invisibili quasi a tutti, originati dalla pura forza vitale della terra, misteriose creature che si presentano in centinaia di forme e abitudini diverse e popolano le acque e gli alberi, ma anche il vento, le nuvole, le ombre. Un po’ simbionti e un po’ parassiti, impegnati solo a sopravvivere e riprodursi, producendo, collateralmente, i più disparati effetti soprannaturali in coloro che ne vengono infestati. Per rimediare ai problemi che possono creare esistono i mushishi, i cacciatori di mushi, che possono vederli e conoscono i metodi per liberarsi delle creaturine, quando diventano pericolose.
Ginko, il nostro protagonista, è uno di loro. Capelli bianchi che gli coprono sempre l’occhio sinistro, sigaretta sempre in bocca, un baule sulle spalle, viaggia perennemente, perseguitato dal destino di attrarre i mushi e quindi costretto a spostarsi di continuo per garantire l’incolumità di coloro che lo circondano. Cerca chi ha bisogno di aiuto, sempre pronto a offrire i suoi servigi, che si tratti di aiutare una comunità di contadini in difficoltà o l’animale-dio che protegge una montagna. L’intera serie è costituita da episodi autoconclusivi che vedono Ginko affrontare ogni volta una diversa manifestazione dei mushi, non sempre con successo.
Detta così non sembra nulla di speciale. E no, non lo è. Non vuole esserlo. Mushishi non è un Ghostbuster in salsa entomologica. L’infestazione soprannaturale è solo una scusa per raccontare storie. Le storie di persone comuni che si ritrovano a fare i conti con un imprevisto che sconvolge le loro vite, e in un modo o nell’altro le costringe a fare i conti con sé stesse, con i propri desideri, paure, invidie, gelosie. Ginko è il catalizzatore che spinge le loro vicende verso lo scioglimento, che sia positivo o negativo. Sono pochi gli episodi di cui lui è protagonista: la maggior parte delle volte è solo un comprimario, una figura di passaggio nella storia di coloro che hanno avuto a che fare con i mushi e che, per colpa loro, si trovano a dover fare scelte difficili, a scoprire cosa davvero vogliono e cosa sono disposti a fare per ottenerlo.
E sono storie che non lasciano mai indifferenti. Alle volte sono crudeli, altre struggenti, commoventi, dolorose, inquietanti. Sempre poetiche ed emozionanti. Persino le pagine di commento dell’autrice sono così ingenue e delicate da risultare deliziose. Nel panorama odierno dei manga, Mushishi è una piccola, discreta oasi di freschezza e originalità.
È stato pubblicato in 10 volumi, nella collana UP della Star Comics. L’ultimo è uscito ad agosto 2010. Recuperare la serie dovrebbe essere facile. Se quello che avete letto vi ha fatto scattare anche solo una piccola scintilla di interesse, fatelo. Sono pronto a scommettere, e Groviglio Prinz non scommette alla leggera, che non ne rimarrete delusi.

Cosa farebbe la signorina Rottenmeier?
Lei non ve lo dirà mai, perché odia passare per sentimentale, ma possiede due serie complete di Mushishi. Una da leggere, e una da collezione.

1 commento:

  1. you won men at "un ghostbuster in salsa entomologica". Anche se non lo è, ora sarai costretto a farmelo leggere.

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