L. Alexander, The Book of Three (The
Chronicles of Prydain, vol. I), Henry Holt and Company, New York 2006
(eBook Edition 2011), 224 pp., 7 euro
Eccoci
qui a inaugurare il "Progetto Fantasy Classico" (o PFC, per i
giovinastri amanti degli acronimi, tipo quelli che vivono sulle Alpi senza
conoscere le gioie dell'istruzione e dell'igiene personale), la già annunciata serie di post dedicati ai
libri che sono ricordati come pietre miliari della letteratura fantasy, ma che
vengono letti fin troppo raramente. E una buona scusa per mettermi a leggere alcuni di questi per la prima volta,
a dirla tutta!
Per
iniziare, niente di meglio di un salto indietro nel tempo fino al 1964, quando
una ex-spia statunitense, appassionata di mitologia gallese e rispondente al
nome di Lloyd Alexander, diede alle stampe The
Book of Three, il primo di una serie di cinque libri (e alcuni racconti)
oggi noti come The Chronicles of Prydain,
che avrebbero formato generazioni di giovani lettori e ispirato The Black Cauldron (in italiano Taron e la Pentola Magica, 1985), il più
spernacchiato dei film Disney.
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Nonostante il guest starring di Skeletor dei Masters of the Universe |
Trattandosi
per l'appunto di un classico dimenticato, Il
Libro dei Tre non vede un'edizione
italiana dal volume antologico della saga edito dalla Nord nel lontano 1998.
Per fortuna è molto più facile recuperarlo in lingua originale, come, nel mio
caso, nella pratica versione eBook dell'edizione della Henry Holt del 2006, che
offre anche una nota dell'autore, una
nota sull'autore e una guida alla
pronuncia dei nomi di luoghi e personaggi del libro (che, essendo ispirati al
cimrico, presentano una serie di accavallamenti consonantici tali da mettere la
mandibola a grave rischio di incepparsi).
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"Salve, mi chiamo Fflewddur Fflam. No, non tre F, quattro…" |
I
nomi non sono l'unico elemento del romanzo a richiamare l'antico Galles:
personaggi, oggetti incantati, l'intero "sapore" della storia
ricordano il Mabinogion, la raccolta
medievale di leggende gallesi celtiche che vanta, tra le altre cose, quelle che
sono probabilmente tra le più antiche storie di re Artù. Ma, come l'autore
stesso tenne a precisare, non ci troviamo di fronte a una riscrittura degli
antichi miti, ma a una creazione letteraria completamente nuova che da essi ha
raccolto materiali e idee.
Così
il nostro protagonista non è una nuova incarnazione di un personaggio
leggendario, come alcune delle persone che lo circondano, ma Taran,
Assistente-Guardiano dei porci e, nella migliore tradizione degli eroi fantasy,
trovatello e testa calda che sogna un mondo di avventure. Avventure che,
ovviamente, gli piomberanno addosso quando meno se lo aspetta, e saranno molto
diverse da come le aveva immaginate. Di fronte al pericolo, alla morte, alla
prospettiva del totale fallimento, Taran dovrà imparare che alle volte un cuore
coraggioso non basta a fare un eroe…
Non
è invecchiato benissimo, Il Libro dei Tre.
A rileggerlo oggi, tutto in queste pagine sembra essere stato già visto. Basta
conoscere un po' il genere per riuscire a indovinare dove andrà a parare la
trama, come si svilupperanno le dinamiche tra i protagonisti, quali saranno i
colpi di scena. Alcuni dei personaggi di contorno sono scontati. I
"cattivi" hanno un enorme potenziale (l'Horned King potrebbe essere
genuinamente spaventoso) ma compaiono appena. Taran, con la sua smania e il suo
rincorrere maiali, è simpatico, ma ci vuole davvero tanto per affezionarcisi.
Ma è
un libro che vale comunque la pena leggere, perché, a scavare sotto la
superficie, ci sono cose che non sono invecchiate per niente. Il
world-building, per esempio. Lloyd Alexander un paio di "spiegoni" se
li concede, certo, ma sono peccati veniali a fronte di una presentazione del
regno di Prydain data dall'accumularsi di sfumature, da suggestioni che
rimandano a un mondo altro, più ricco, antico, misterioso di quanto si possa
cogliere a un primo sguardo. Quell'uomo è vecchio, certo, ma quanto? E se
quello è solo un libro di storia, perché solo il proprietario può toccarne la
copertina? Le spade rivelano principi o fanno crollare castelli, i calderoni
trasformano i defunti in inarrestabili, silenti soldati non-morti, persino i
maiali non sono soltanto quello che sembrano… Cose che autori di minore abilità
sbandiererebbero, urlando "Guarda, guarda, è un fantasy!", Alexander
le accenna appena, e nel farlo suggerisce un intero universo, molto più di
quanto non lo facciano le chiacchiere dei suoi personaggi sul minaccioso
sovrano del regno dei morti.
E
poi ci sono alcuni dei personaggi. Perché, accanto alle scelte più ovvie, ce ne
sono altre ispiratissime. Un'apprendista maga al tempo stesso svagata e voce
della ragione, incapace e risolutiva? Un re-bardo-vagabondo-guerriero-bugiardo
patologico? Servitemi pure, grazie. Ne avete ancora?
Ma,
soprattutto, in queste pagine c'è un esempio da seguire, un'indicazione morale
forte, da libro per ragazzi vecchio stampo, ma che non è quella che ci si
aspetterebbe. Il nostro Taran è l'Assistente-Guardiano dei porci, e, nonostante
la sua crescita, alla fine tale rimane. Quando sembra che qualcosa possa
metterlo al di sopra di quella condizione... in realtà non è destinata a lui,
in barba a tutti i cliché. È davvero solo un ragazzo, incasinato, irruente,
frettoloso nel prendere decisioni di cui si pentirà. E quello splendido
personaggio di Eilonwy, la sua controparte femminile, è nella sua stessa
situazione. Si sono infilati in qualcosa di enormemente più grande di loro, e a
risolvere la faccenda saranno altri, più adulti, più saggi, più forti.
Quello
che ci mettono loro due è la dedizione, la convinzione, il buon cuore, la
volontà di provare a fare la cosa giusta. Tentano, lottano oltre le proprie
possibilità, e mettono in moto gli eventi che porteranno alla felice
conclusione della storia con la forza del coraggio e dell'esempio. Più che
degli "eroi" nel senso tradizionale del termine, sono degli
"attivisti": fanno sentire la propria voce, mostrano cosa andrebbe fatto,
indicano la strada a un mondo indifferente che si avvia verso la catastrofe, e,
benché sembra che da soli non possano realizzare nulla, sono il sassolino
smosso che provoca una valanga. Un eroismo quotidiano, il loro, che ricorda
quello degli hobbit tolkieniani, ma portato ancora più all'estremo.
Oh,
sono certo che cresceranno e diventeranno degli eroi leggendari, quei due, nei
prossimi volumi, e sono curioso di sapere dove arriveranno. Ma questi loro
primi passi sono stati incoraggianti, nel loro essere insieme grandi e piccoli,
epici e quotidiani. Del resto, come dice Lloyd Alexander,
Most of us are called to perform tasks far beyond what we can do. Our
capabilities seldom match our aspirations, and we are often woefully
unprepared. To this exent, we are all Assistant Pig-Keepers at heart.
Cosa farebbe la signorina Rottenmeier?
Alla
signorina Rottenmeier non piacciono i ragazzini testardi e disubbidienti, e
neanche gli uomini-bestia puzzolenti. Lei lo ha letto solo perché preoccupata
per la sorte del povero maialino.
Mi è piaciuto più la seconda volta che l' ho letto. Un libro dallo sviluppo lineare con una componente morale. Piacevole e godibile, ma occhio a non aspettarsi un kolossal letterario.
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